Due lingue diverse

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Mettendo insieme il titolo di questo post e la foto, la maggioranza dei lettori avranno pensato a un malizioso gioco di parole; non è cosi.

O meglio: la prima cosa che mi è venuta in mente seguendo il dibattito di ieri sera sulle elezioni europee, non riguarda l’uso proprio o improprio che l’uno o l’altro fanno della lingua, ma il diverso modo di considerare le questioni della politica e il linguaggio conseguente, lontani anni luce l’uno dall’altro.

Da una parte c’è Bruno Vespa, legato alle logiche di una classe politica fatta di proclami, di promesse, di programmi complessi e articolati; il maggiordomo di tutti i “colletti bianchi” che da decine di anni popolano il suo “salotto” sciorinando concetti incomprensibili, volontariamente complicati e inarrivabili, al punto di non poter essere valutati oggettivamente dalla gente comune, nella maggior parte dei casi.
Promesse e progetti, che in genere si dissolvono all’uscita dello studio televisivo.

Dall’altra Beppe Grillo, un uomo di spettacolo, che ha fondato il suo successo nella continua contestazione di quelle logiche e che deve l’affermazione del suo Movimento al linguaggio più popolare, facilmente decifrabile e all’oggettiva onestà politica e intellettuale dei suoi candidati, a prescindere dagli eventuali meriti e capacità.

In mezzo c’è la classe politica attuale, il cui livello è sotto gli occhi di tutti, nella quale le infiltrazioni mafiose e criminali non sono più un’eccezione, ma sembrano ormai una disgustosa regola; e laddove non vi siano, nel migliore dei casi è l’incompetenza a farla da padrona.

Ovvio che Grillo fonda il suo progetto politico sul “reset totale”, concetto difficilmente assimilabile dal padrone di casa, e comprensibilmente a lui scomodo, temendone le conseguenze.

E così, la serata è scivolata via tra domande incalzanti del conduttore (su quelle logiche), e le risposte necessariamente generiche dell’ospite, che insisteva sul suo concetto di base, forte di una larga condivisone dell’opinione pubblica.

Di fatto, salamelecchi di rito a parte, parlavano due lingue diverse: Vespa non ha inteso cedere sul principio di Grillo e viceversa.

In buona sostanza Grillo pone l’onestà dei suoi candidati a un livello superiore rispetto ai programmi, e basa la sua campagna elettorale facendone manifesto prioritario, relegando la bontà di quest’ultimi quale conseguenza della sostituzione integrale della classe politica con una nuova, motivata da sani principi di servizio pubblico, al contrario di quella attuale, ormai smascherata nei suoi intenti lobbistici criminosi, che alimentano da tempo le cronache quotidiane.

Ovvio che su questo territorio il leader del Movimento 5 Stelle ha buon gioco, francamente è assai arduo poterlo contraddire; l’unica arma che rimane all’intervistatore è insistere sui programmi, nel tentativo di spostare il discorso su argomenti più ostili, difficili da spiegare per bene nei tempi televisivi, impossibili poi da confrontare con la realtà dei fatti, ma che sono stati da sempre le fondamenta delle campagne elettorali dei politici imbonitori di professione.

Grillo ha puntato tutta la sua posta sul cambiamento, e sulla conseguente bonifica del Palazzo quale elemento essenziale, preminente allo sviluppo di nuovi programmi politici nell’interesse del Paese, specificandone ad oggi soltanto le linee guida.

Avrà ragione?

E’ certo che una larga parte dei cittadini, ora per lo più giovani, gli credono.

Domenica prossima sapremo quanti italiani decideranno di seguirlo e scommettere sul ribaltamento della classe politica così come oggi la conosciamo.

Assisteremo a quest’ultima settimana… di fuoco! Préstamo rápido!

Pulizie di Pasqua

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A fine novembre scrissi quest’articolo, argomentando sull’opportunità della riflessione in periodi caotici e schizofrenici come quello che stiamo vivendo.

Di seguito, dati i fatti di cronaca politica e sociale, ho ritenuto di dover proseguire in quello che considero un “silenzio costruttivo”, ovvero l’antitesi dell’asfissia mediatica, la sopraffazione delle parole sulla realtà, il discutere di tutto a tutti i costi, che nella maggior parte dei casi ha tutta l’aria di assomigliare a un becero e inutile chiacchiericcio.

Poi il tempo passa, la disintossicazione ha avuto il suo effetto, e dopo le consuete pulizie di Pasqua, la resurrezione ispira la ripresa delle considerazioni sulla società di cui siamo protagonisti, a volte vittime incolpevoli delle sue distorsioni.

Ne abbiamo di argomenti da trattare, e anche le esperienze personali, quando attengono a questioni di pubblico interesse ovvero la condivisione è utile per la coscienza comune, sono un’ottimo argomento di discussione per rappresentare i contorti meccanismi che purtroppo oggi muovono, ahi noi maldestramente, il vivere quotidiano.

Auguri di Buona Pasqua.

Ricostruire il Futuro

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La quotidianità continua a stupirci, a renderci irascibili, o peggio ancora a frustrarci.
Il mio augurio per il nuovo anno è che le migliori intelligenze (quelle vere) si aggreghino per ricostruire il futuro del nostro Paese, oggi minato più che mai.

Personalmente, confido sul fatto che la gente possa continuare a indignarsi e reagire piuttosto che sentirsi rassegnata ai soprusi, i cui autori tendono a sperare in una metabolizzazione generalizzata.
La sopraffazione, la cancellazione dei diritti anche semplicemente attraverso il differimento degli stessi, è la moderna tecnica di governo dei nuovi tiranni; personaggi che dietro un’apparente democrazia, operano in modo da annullare ogni regola civile, che i nostri antenati hanno faticato a costruire nei secoli passati.
Se non riusciamo a invertire questo meccanismo, il nostro futuro, ma soprattutto quello delle generazioni future, è irrimediabilmente segnato.

La speranza di costoro (i tiranni di cui sopra), è quella di stremarci, per arrivare al punto di non dover contrastare alcuna reazione.
Le trombe di regime (giornali, tv, media) continuano a suonare ininterrottamente la solita musica, contro tutti coloro che hanno l’ardire di mettere in discussione le gesta di questi briganti contemporanei.
Questo martellamento continuo ha cambiato la lingua, il significato delle parole, addirittura invertendone il valore civico; ed ecco che oggi, per esempio, il termine reazionario viene associato in modo negativo a chi si oppone alle cosiddette riforme, al cambiamento, termini questi ultimi che invece siamo stati indotti a considerare, “tout court“, immaginario positivo.

Sarebbe a dire che, per assurdo, una “riforma” che introducesse la schiavitù, in quanto battezzata tale dovrebbe essere positiva, mentre un movimento reazionario che la contrasti, andrebbe soppresso poiché contrario all’innovazione, quindi negativo.
Facciamo bene attenzione, perché quello sopra è un esempio solo apparentemente assurdo; la bieca politica ha proposto e approvato leggi e decreti che di fatto hanno ridotto milioni di persone alla fame, e di conseguenza a una malcelata forma di schiavitù, non certo esplicita, ma direttamente connessa alle follie diventate leggi.

Chi oggi vi si oppone (reagisce), ovvero continua ad avere atteggiamento reazionario a ciò, viene indicato come sovversivo e quindi passato nel tritacarne dei media, distrutto con l’ormai collaudata macchina del fango, sempre in moto alla massima potenza.

La classe media è la vittima predestinata; è quella più sensibile ai proclami mediatici, quella che sposta l’ago della bilancia e quindi va conquistata, con l’ipnotizzazione prima e la distruzione poi, scientifica.

Non a caso, il massimo responsabile dell’imbambolamento della classe media, ha potuto fare i suoi comodi indisturbato per più di vent’anni con la complicità bipartisan di maggior parte della classe politica; e ancora oggi, seppure condannato al carcere con sentenza definitiva per gravi reati, detta leggi e progetti da uomo libero, che i media si affrettano a rilanciare.
Chiunque altro starebbe già a scontare la sua pena, giustamente.

Anche questo ancora oggi ci stupisce, ci indigna, ci irrita; giammai ci rassegnerà, ne mai fermerà la ricostruzione della nostra società civile e della nostra reputazione, se lo vorremo.

Il Potere 3.1

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Più di vent’anni fa, durante una competizione sportiva nelle strade dell’alto Lazio, sotto la calura estiva ero alla ricerca di una fontana per dissetarmi; c’era un grande abbeveratoio sulla strada, quelli di una volta con l’acqua corrente, dove i contadini facevano ristorare gli animali al pascolo. Nei pressi, un anziano fattore cavalcava il suo mulo.

Gli chiesi se l’acqua fosse buona da bere e lui mi rispose: “…bona è bona, basta che non te ne bevi ‘na quintalata!”.

La risposta, apparentemente banale, è invece saggia espressione di un dogma universale che ritroviamo sintetizzato nell’antico proverbio popolare: “Il troppo stroppia”.
E’ la suprema censura a ogni eccesso, che guasta tutta la quantità, ne corrompe l’essenza, trasforma tutto ciò che è utile in danno; anche l’acqua, fonte pura ed essenziale per la vita, in grande quantità può affogare.

Ecco che il dogma, applicato all’informazione, assume ancora più efficacia.
In una baraonda di notizie, è difficile distinguere quelle importanti da quelle meno, le vere dalle false, o potersi indignare per quelle ignorate.

La crescita sproporzionata dell’offerta d’informazione, da un certo punto in poi non ha migliorato la conoscenza, al contrario l’ha soffocata, a meno che non vogliamo considerare come tale – per esempio – i resoconti sull’attività di Dudù.

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L’appiattimento verso il basso del livello del giornalismo è dovuto, in parte alla necessità di produrre così tanta informazione, per il resto dal potere politico ed economico, che ha finito per assorbire quello mediatico, ormai degradato a 3.1.

Il Quarto Potere, raccontato da Orson Welles, è ormai un lontano ricordo.

E così, il nuovo (retrocesso) potere 3.1, svolge bene il suo servizio nel creare informazione convulsa, isterica, non utile alla gente, ma strumentale a se stessa e alle lobbies da cui dipende.

Questo è uno dei motivi principali per cui sarà molto difficile uscire dall’attuale situazione; quando i poteri naturalmente separati invece si fondono, quando le responsabilità si annullano assorbite dal conflitto d’interesse, ma soprattutto quando il popolo non è consapevole della realtà, bombardato e disorientato da un’informazione pilotata, non resta altro da fare che attendere il corto circuito, sperare che le scintille facciano pochi danni e che la luce torni prima possibile.

Nel frattempo Dudù, simpatico e tenero animale, inconsapevole protagonista delle cronache di prima pagina, al pari di tanti altri suoi predecessori a due zampe, lecca i piedi al suo padrone; che si fa vanto di ciò.

Un’altra notizia interessante, non è vero?

Riflettere

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Ci sono dei momenti nella vita in cui è necessario fermarsi a riflettere.

Comunicare, scrivere, parlare a un pubblico, a volte anche agli amici, può indurre l’illusione di avere risolto il problema, col semplice sfogo verbale, o scritto.

Quante volte ci è capitato di lamentarci pubblicamente, anche in modo vigoroso, per una cosa che non ci piace e dopo dire: ” oooh… finalmente…!!! Adesso sto meglio.”; ma tutto rimane come prima.
L’unica cosa che cambia è la nostra soddisfazione (inutile) per esserci sfogati.

Questo è un fenomeno ben noto agli psicologi, e anche alla politica, che gongola ad ogni talk show, soprattutto quelli più demenziali e urlati, che fungono da “valvola di sicurezza” a freno dell’indignazione, che in questo modo viene sedata.

Anche i giornali, che vivono (tutti) di contributi pubblici, hanno capito il meccanismo e offrono soprattutto nelle versioni on line, la possibilità di inserire, anche ai semplici articoli, i commenti – sfogatoio; tanto beceri quanto inutili, che nessuno leggerà, se non gli stessi autori compiaciuti e sedati dalla loro illuminata opinione, con la gara ad accaparrarsi quanti più “mi piace” possibile.

Ma nulla cambierà.

Questo vale anche per il calcio, insostituibile pompiere del fuoco intellettuale, e ogni altra forma di intrattenimento che ci allontana dalla realtà; anche i Blog urlati e sempre contro tutto e tutti non sono esenti dalle medesime considerazioni.

La dimostrazione di quanto detto, è sotto gli occhi di tutti.

La maggior parte di noi non si rende conto di quanto grottesca sia la comunicazione in Italia negli ultimi anni, per non parlare degli ultimi mesi, e dell’imbarazzante demenzialità di questi giorni.

Il Mondo ci deride, ma non ce ne curiamo; chi non varca i confini o non legge i giornali internazionali on line, non si accorge della portata del fenomeno, e di quanto sia devastante per la nostra reputazione.

Le notizie pubblicate, che da noi occupano per giorni le prime pagine dei giornali e i commenti quotidiani di tutti i cosiddetti opinionisti della politica e del costume, in altri Paesi, oggettivamente più civili, non avrebbero spazio neanche nelle ultime pagine di gossip.

Quando sei immerso nella discussione, nel pettegolezzo, la chiacchiera assume importanza per il fatto che tutti ne parlano, e si perde il senso della realtà, si tratta quale fatto rilevante, che invece non è, dimenticando di argomentare, invece, su questioni ben più determinanti per il funzionamento civile della nostra società.

Ecco che in questi casi, trovo saggio fermarsi a riflettere; estraniarsi per un breve periodo dalle questioni pruriginose e inutili, evitare di lasciarsi coinvolgere dal nulla, recuperare forza interiore rafforzando la propria coscienza riflettendo sui principi basilari del vivere sociale.

Questi i motivi per i quali non ho scritto nei due mesi precedenti; ho preferito nel mio piccolo non alimentare quel coro disgustoso di oche starnazzanti, ed evitare di rimanere coinvolto nel gorgo, pericolosissimo!

Ciò è valso anche per le questioni riguardanti la mia vicenda personale di cui sono parte lesa e offesa.
I ritardi e le lacune della macchina della Giustizia sono talmente abnormi, che ogni critica risulterebbe inutile e potrebbe dar luogo a strumentalizzazioni ingenerose nei confronti dei Magistrati, vittime anche loro della ruggine del sistema, ormai vicino al collasso; è evidente a tutti la necessità di una concreta riforma.

Ma, qualcosa si sta muovendo, e ne darò conto nei limiti del possibile a quanti (tanti) mi chiedono di riferire; non solo perché mi onorano della loro stima e simpatia, ma soprattutto perché la vicenda (già trattata in diversi post precedenti), riguarda anche questioni generali di rispetto delle Leggi e della civiltà.

Riprendiamo da dove eravamo rimasti, sempre con il cervello bene acceso.

Grazie per l’attenzione a tutti i lettori del Blog.

The Truman Show

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In queste settimane di riflessione mi sono preso un po’ di tempo per guardarmi intorno e… cercare le telecamere, i microfoni nascosti, i riflettori; insomma un qualsivoglia indizio del “Truman Show” che stiamo vivendo.

A chi non conosce il film ne consiglio la visione; è una pellicola del 1998, girata nei due anni precedenti, ed è lecito pensare che quella quella fantasiosa e drammatica storia di quindici anni fa sia molto più vicina alla realtà di quanto si potrebbe immaginare.

Non trovo altre spiegazioni.

I fatti di attualità si rincorrono quotidianamente e fanno a gara a quello che è più grottesco; chi riuscisse a distrarsi per un po’ dal coinvolgimento emotivo, troverebbe tutto ciò che accade così tanto irreale da non poter credere sia vero.

Farne un elenco significherebbe scrivere all’infinito senza mai poter pubblicare l’articolo, perché durante la scrittura altri ne accadono; mi limito quindi a qualche esempio, meno pruriginoso di quelli che la maggior parte della gente vorrebbe vedere, sentire, discutere.

L’altro giorno l’Italia intera ha gioito per il “parbuckling” della Costa Concordia, facendolo diventare fatto nazionale, forse volendo così esorcizzare in qualche modo la figuraccia planetaria che lo Schettino di turno ci ha fatto fare.
Però, a me, intanto è sembrato di vedere sventolare una bandiera sudafricana dopo il primo “successo” del progetto multimilionario, ed era legittimo visto che il capo della missione, grottescamente assurto a eroe nazionale, in realtà è sudafricano e non spiccica una parola di italiano.
Poi, sono andato a vedere i partners del progetto, e ho scoperto che sono aziende e professionalità di ben 26 nazioni diverse a tentare di cucire la “toppa” allo strappo italiota!

Mi è subito venuto in mente il neo pregiudicato imbonitore (e devo dire anche il futuro… suo ben più misero omologo), con il milione di posti di lavoro, i ristoranti sempre pieni, il contratto farlocco con gli italiani; insomma: “tutto va ben madama la marchesa” diceva il servitore mentre ardeva il palazzo.

E così, da un’immane tragedia umana, ambientale e d’immagine internazionale, con un’operazione costosissima ad opera della cooperazione internazionale, al solito ci appropriamo di ciò che non è nostro (ovvero ne siamo soltanto una parte) e gonfiamo il petto come se l’onta subita non ci riguardasse più; tutto dimenticato.
Senza contare poi che, nonostante le solite dichiarazioni rassicuranti dei trombettieri di turno che illudono su futuri posti di lavoro, la nave finirà per essere smantellata all’estero, probabilmente in India, magari in cambio dei Marò.

Che dire poi del condannato di cui sopra, che in questi giorni si lamenta di un risarcimento comminato dopo vent’anni per aver truffato corrompendo anche i Giudici, ma che nessuno ci spiega che non sarà lui a pagare, bensì noi?

E già. Nessuno ha spiegato alla gente che quegli importi Mediaset li potrà detrarre dalle tasse (se non lo ha già fatto), e quindi saremo sempre a noi a pagare il conto, nonostante la sapiente pantomima e il commovente piagnisteo del grande imbonitore.

E’ interessante un’altra chicca di questi giorni:
il quotidiano La Repubblica ha pubblicato le prove di un concorso truccato di cardiologia alla Sapienza, con tanto di intervista al ministro “pro tempore”, la quale non ha potuto fare altro che condannare l’ulteriore gravissimo accaduto.

E’ una notizia importantissima, di assoluto rilievo nazionale e da approfondire per la sua gravità, visto che oltretutto si tratta di concorsi relativi a discipline mediche molto delicate, dai quali il cittadino si aspetta che emergano i migliori.
Avremmo dovuto trovare la notizia e gli approfondimenti su tutti i giornali, e invece… nulla!

Il fatto è che, siccome lo “scoop” lo ha fatto La Repubblica, allora il fatto di cronaca, seppure rilevante, non viene più ritenuto dagli altri giornali come un obbligo deontologico di informazione, ma anzi da non considerare, per non favorire l’immagine del concorrente.
Alla faccia dei doveri dell’informazione, peraltro profumatamente pagata dai contributi milionari dello stato (cioè da noi), proprio per fornire le informazioni ai cittadini.

Gli esempi qui sopra, presi a caso, possono apparire banali alle nostre coscienze, ormai scosse da una raffica di sollecitazioni senza soluzione di continuità; ma sono gravissimi, e inducono a ritenere di trovarsi in una sorta di Truman Show, non potendo più considerare reale tutto ciò.

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Come Truman quando ha iniziato a sospettare qualcosa, ogni tanto mi giro di scatto o alzo lo sguardo per vedere se spunta qualche obiettivo nascosto, e quando saluto al mattino, mi viene spontaneo dire:

“Buongiorno… e casomai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buonasera e buonanotte!”

…dov’è la porta?

L’estate sta finendo…

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…ma in autunno farà ugualmente molto caldo.

Ho “staccato la spina” per qualche settimana, non perché non fossi comunque partecipe dell’attualità, ma per non cadere nella trappola del commento delle banalità a tutti i costi, come abbiamo avuto modo di constatare sui giornali… estivi.

La coscienza civica in Italia ha ormai toccato il fondo e intende scavare ancora, ma continuo a essere un inguaribile ottimista nel ritenere ancora possibile un miracoloso recupero.

Ognuno deve fare la sua parte, è ovvio; non possiamo pensare di riformare la nostra società malata semplicemente frignando ogni giorno con l’interlocutore di turno ovvero stare alla finestra nell’attesa del “messia”.

La comunicazione oggi ci offre una nuova possibilità, dobbiamo sfruttarla per evitare di risolvere i problemi come si faceva nel passato in occasioni come queste; chi ha letto i libri di storia sarà preoccupato come me.

Sarà un autunno caldissimo, l’agonia dell’attuale politica e altri fatti di cui parleremo, ci terranno occupati per i prossimi mesi, non a discutere di qualcosa di costruttivo, ma a tentare che ciò lo diventi.

E allora, dopo quest’estate rovente, non certo per il sole, riprendiamo a parlare dell’attualità, della politica, della società, con spirito propositivo, non solamente per sterile (e semplice) critica a chi quotidianamente ci offre, nostro malgrado, infiniti spunti; sarebbe un mero pettegolezzo, come tanti ne leggiamo, sentiamo e vediamo ogni giorno.

Facciamo si che quegli spunti, osceni, diventino finiti.

Cloud: attacco finale?

Cloud Business

C’era una volta un vecchio armadio, pieno di scatole e cassetti dove si riponevano le cose personali: foto, lettere, documenti; ricordi di una vita.

I più abbienti avevano anche una piccola cassaforte, quelli più ricchi la incassavano nel muro dietro il classico quadro; la combinazione era a memoria, tramandata di padre in figlio; al limite si scomponeva in più parti, conservata in luoghi sicuri.
Non c’erano Autority e Leggi sulla privacy; non erano necessarie, perché nessuno poteva accedere alla conoscenza dei nostri segreti e delle nostre abitudini, ben conservati nei cassetti.

Con l’avvento delle carte di credito e dei bancomat, le banche ci inviano il PIN con una busta speciale, a prova di intruso, e nelle istruzioni c’è la raccomandazione di imparalo a memoria e di non conservare il codice nel portafoglio, per evitare che un malintenzionato potesse accedere ai nostri risparmi.

La riservatezza dei dati personali è importante non soltanto per la sicurezza dei nostri soldi, ma anche per conservare quella privacy necessaria a fare di ognuno di noi una persona e non un numero.

L’evoluzione della tecnologia e dei media, ha intaccato sempre di più la riservatezza delle persone; gli stati, quindi, hanno pensato bene di istituire delle Autority che vigilassero sulla privacy, e si sono dotati di Leggi che, almeno in teoria, dovrebbero difendere la nostra sfera privata.

Ma mai come oggi, al contrario, la privacy è violata sistematicamente; quello che una volta era impensabile, ovvero rendere pubbliche le nostre cose più intime, la nostra personalità, addirittura i codici personali d’accesso ai nostri patrimoni, oggi è realtà, usualità, della quale molti non hanno neanche contezza.

Quando accendiamo un telefonino, c’è sempre “qualcuno” che sa dove siamo, cosa facciamo, dove andiamo, quanto parliamo e con chi.
Quando paghiamo con la nostra carta, il nostro acquisto finisce in una banca dati e informa quel “qualcuno” sulle nostre abitudini, sui gusti, sui piaceri, sui vizi.
Dal nostro account Facebook o Twitter, o un altro qualsiasi social network, informiamo lo stesso “qualcuno” sul nostro umore, sui nostri amori, sulla nostra personalità, sulla cultura e sulle nostre debolezze.
Anche le email sono fonte di informazioni per “qualcuno”, che potrà utilizzarle al momento opportuno.

Ma, mancava un tassello ai “qualcuno” del mondo per accedere al controllo totale dell’intera umanità, cosiddetta “evoluta”:
completare tutte le informazioni, già in parte acquisite dalle attività che abbiamo detto, e, soprattutto, poter accedere ai nostri documenti riservati, alle lettere commerciali, ai codici segreti collegati ai dati dei titoli finanziari: bancomat, carte di credito, eccetera.

CloudEcco la grande idea: il Cloud.
Ma, che cos’è?

La tecnologia e la sua indotta fruizione, si è evoluta più velocemente della didattica per utilizzarla; ecco che quindi, soltanto una misera percentuale di persone riesce a padroneggiare bene l’informatica e a organizzare e conservare correttamente in sicurezza i propri dati (foto, documenti, filmati, password, ecc…).
I “qualcuno” del mondo, hanno allora pensato bene di realizzare semplici applicativi, da installare con un click sul telefonino, sul tablet o sul computer, che permettono a tutti di immagazzinare e conservare i propri dati in un unico posto, accessibile sempre e dovunque e con qualsiasi apparecchio; oltretutto aggratis. Il Cloud.

Geniale! Chi non lo farebbe?

La strada per l’inferno però, come dice il proverbio, è sempre lastricata di buone intenzioni; infatti, il posto dove sono conservate queste enormi quantità di dati personali della gente del mondo, è a casa loro!
Dei “qualcuno”; sotto il loro diretto controllo.

Il cosiddetto “Cloud Storage” (stoccaggio nella nuvola) o soltanto “Cloud”, è in pratica un luogo, dove sono allocati una fitta rete di computer dotati di memorie di massa molto estese; qui la gente invia i propri dati con gli applicativi, e li consulta a piacimento con ogni sistema disponibile collegato alla rete internet.

E’ chiaro che tutto ciò è comodissimo, ma in questo modo il concetto di privacy e di sicurezza è andato definitivamente perduto.

La sicurezza nell’informatica è un’utopia; nulla è sicuro.
Nonostante le roboanti rassicurazioni di “qualcuno”, il saggio, onesto e competente esperto informatico dirà sempre che l’unico computer sicuro è quello spento, staccato dalla rete e dalla spina della corrente.

Personalmente sono molto preoccupato da come la gente sia indifferente a questo problema, che infatti non viene percepito come tale; forse non abbiamo letto bene, o non ricordiamo i libri di storia, oppure non riteniamo che possano ancora esistere le persone malvagie, nonostante le cronache ce lo ricordino spesso.

Oggi, addirittura, ci sono già una grande quantità di applicazioni che prevedono il salvataggio dei dati personali, esclusivamente sui Cloud, e non sulle memorie degli apparecchi sotto il nostro diretto ed esclusivo controllo.

Quando i “qualcuno”, disporranno di una quantità di dati sufficiente, potrebbero addirittura pensare di sferrare un’attacco su scala globale agli equilibri mondiali.
Questa è una reale possibilità, da non sottovalutare; teoricamente basterebbe premere pochi pulsanti, e tutti i dati conservati nei Cloud non sarebbero più nelle disponibilità dei legittimi proprietari, ma nelle mani di chi ne potrebbe fare ciò che crede.

E la questione, non è se accadrà, ma quando accadrà.

Domande?