C’era una volta un vecchio armadio, pieno di scatole e cassetti dove si riponevano le cose personali: foto, lettere, documenti; ricordi di una vita.
I più abbienti avevano anche una piccola cassaforte, quelli più ricchi la incassavano nel muro dietro il classico quadro; la combinazione era a memoria, tramandata di padre in figlio; al limite si scomponeva in più parti, conservata in luoghi sicuri.
Non c’erano Autority e Leggi sulla privacy; non erano necessarie, perché nessuno poteva accedere alla conoscenza dei nostri segreti e delle nostre abitudini, ben conservati nei cassetti.
Con l’avvento delle carte di credito e dei bancomat, le banche ci inviano il PIN con una busta speciale, a prova di intruso, e nelle istruzioni c’è la raccomandazione di imparalo a memoria e di non conservare il codice nel portafoglio, per evitare che un malintenzionato potesse accedere ai nostri risparmi.
La riservatezza dei dati personali è importante non soltanto per la sicurezza dei nostri soldi, ma anche per conservare quella privacy necessaria a fare di ognuno di noi una persona e non un numero.
L’evoluzione della tecnologia e dei media, ha intaccato sempre di più la riservatezza delle persone; gli stati, quindi, hanno pensato bene di istituire delle Autority che vigilassero sulla privacy, e si sono dotati di Leggi che, almeno in teoria, dovrebbero difendere la nostra sfera privata.
Ma mai come oggi, al contrario, la privacy è violata sistematicamente; quello che una volta era impensabile, ovvero rendere pubbliche le nostre cose più intime, la nostra personalità, addirittura i codici personali d’accesso ai nostri patrimoni, oggi è realtà, usualità, della quale molti non hanno neanche contezza.
Quando accendiamo un telefonino, c’è sempre “qualcuno” che sa dove siamo, cosa facciamo, dove andiamo, quanto parliamo e con chi.
Quando paghiamo con la nostra carta, il nostro acquisto finisce in una banca dati e informa quel “qualcuno” sulle nostre abitudini, sui gusti, sui piaceri, sui vizi.
Dal nostro account Facebook o Twitter, o un altro qualsiasi social network, informiamo lo stesso “qualcuno” sul nostro umore, sui nostri amori, sulla nostra personalità, sulla cultura e sulle nostre debolezze.
Anche le email sono fonte di informazioni per “qualcuno”, che potrà utilizzarle al momento opportuno.
Ma, mancava un tassello ai “qualcuno” del mondo per accedere al controllo totale dell’intera umanità, cosiddetta “evoluta”:
completare tutte le informazioni, già in parte acquisite dalle attività che abbiamo detto, e, soprattutto, poter accedere ai nostri documenti riservati, alle lettere commerciali, ai codici segreti collegati ai dati dei titoli finanziari: bancomat, carte di credito, eccetera.
Ecco la grande idea: il Cloud.
Ma, che cos’è?
La tecnologia e la sua indotta fruizione, si è evoluta più velocemente della didattica per utilizzarla; ecco che quindi, soltanto una misera percentuale di persone riesce a padroneggiare bene l’informatica e a organizzare e conservare correttamente in sicurezza i propri dati (foto, documenti, filmati, password, ecc…).
I “qualcuno” del mondo, hanno allora pensato bene di realizzare semplici applicativi, da installare con un click sul telefonino, sul tablet o sul computer, che permettono a tutti di immagazzinare e conservare i propri dati in un unico posto, accessibile sempre e dovunque e con qualsiasi apparecchio; oltretutto aggratis. Il Cloud.
Geniale! Chi non lo farebbe?
La strada per l’inferno però, come dice il proverbio, è sempre lastricata di buone intenzioni; infatti, il posto dove sono conservate queste enormi quantità di dati personali della gente del mondo, è a casa loro!
Dei “qualcuno”; sotto il loro diretto controllo.
Il cosiddetto “Cloud Storage” (stoccaggio nella nuvola) o soltanto “Cloud”, è in pratica un luogo, dove sono allocati una fitta rete di computer dotati di memorie di massa molto estese; qui la gente invia i propri dati con gli applicativi, e li consulta a piacimento con ogni sistema disponibile collegato alla rete internet.
E’ chiaro che tutto ciò è comodissimo, ma in questo modo il concetto di privacy e di sicurezza è andato definitivamente perduto.
La sicurezza nell’informatica è un’utopia; nulla è sicuro.
Nonostante le roboanti rassicurazioni di “qualcuno”, il saggio, onesto e competente esperto informatico dirà sempre che l’unico computer sicuro è quello spento, staccato dalla rete e dalla spina della corrente.
Personalmente sono molto preoccupato da come la gente sia indifferente a questo problema, che infatti non viene percepito come tale; forse non abbiamo letto bene, o non ricordiamo i libri di storia, oppure non riteniamo che possano ancora esistere le persone malvagie, nonostante le cronache ce lo ricordino spesso.
Oggi, addirittura, ci sono già una grande quantità di applicazioni che prevedono il salvataggio dei dati personali, esclusivamente sui Cloud, e non sulle memorie degli apparecchi sotto il nostro diretto ed esclusivo controllo.
Quando i “qualcuno”, disporranno di una quantità di dati sufficiente, potrebbero addirittura pensare di sferrare un’attacco su scala globale agli equilibri mondiali.
Questa è una reale possibilità, da non sottovalutare; teoricamente basterebbe premere pochi pulsanti, e tutti i dati conservati nei Cloud non sarebbero più nelle disponibilità dei legittimi proprietari, ma nelle mani di chi ne potrebbe fare ciò che crede.
E la questione, non è se accadrà, ma quando accadrà.
Domande?
….ciao a tutti….purtroppo la tecnologia va avanti,ndipende l’uso che si fa di questa,…. siamo sempre stati controllati,adesso molto probabilmente ne abbiamo preso conoscenza…sono d’accordo con un amico del blog….a scuola si insegnano materie assurde… vedi app.tecniche….. e nn informatica… il francese….invece del cinese, indiano e russo…..le nuove economie…….
.ps……. novita’ su idg accetta il contradittorio? io continuo ad ascoltarla e ritengo cmq di farti felice, causa vinta o persa, nessuno ti puo’ togliere il fatto che fa parte di te, di tuo padre e della tua storia di uomo e imprenditore……. complimenti per quelle righe sul tuo papa’…… il tuo satellite di amore in cielo….. che nn teme confronti.
Caro Fabio,
nulla da dire sul post, sono perito informatico e conosco le insidie nascoste da questi sistemi, per cui non posso fare altro che sottoscrivere quello che hai scritto.
Ti scrivo su questo post anche se è off topic, ma è quello in evidenza, l’ultimo pubblicato che vede la maggior parte della gente e ti vorrei spronare a fare qualcosa in più per RadioRadio. La radio ormai non si può più sentire, solo calcio e la qualità orami è sotto i tacchi, stamattina addirittura sono arrivati alla pubblicazione di intercettazioni telefoniche di pseudogiornalisti cioè di una cosa sicuramente illegale e schifosa.
Su Facebook, la gente protesta, ma la maggior parte viene bannata e a quei pochi che lasciano idg risponde sempre con arroganza continuando a dire che le accuse che ha ricevuto sono false, mentre sappiamo tutti che sono verissime.
Mi scuso ancora per l’off topic, sono sicura che non sarà bannato.
Un caro saluto
Gabriella
E perché mai dovrei bannarti?
Piuttosto Gabriella, credimi che sto facendo ll possibile; un’esperienza incredibile della mia vita che mi ha fatto scoprire tante cose, purtroppo la maggior parte di queste, brutte.
Ora capisco la sofferenza della gente che aspetta Giustizia, capisco il motivo per il quale questo Paese sta andando alla deriva e quanto male abbia fatto la politica degli ultimi vent’anni, non soltanto dal punto di vista meramente gestionale, ma soprattutto da quello dell’educazione civica, messa sotto i piedi, e nell’ostentazione dell’arroganza quale prerogativa.
Concetti da cancellare, da resettare.
Buona giornata.
C’è poco da commentare, e molto da imparare.
Grande Fabio, che con i tuoi articoli ci apri una finestra sui panorami che non sappiamo vedere.
Grazie.
ci sono diversi fenomeni che vengono indicati con la parola “cloud”
metto un link forse “OFF” (topic)
ma
si tratta sempre di “cloud” con… un pericolo nascosto!
http://www.iconicon.it/blog/2012/08/meta-flack-antidoto-alle-scie-chimiche/
comunque qui la soluzione è semplice 😉 bastano un po’ di bottiglie di aceto di mele e l’effetto delle scie chimiche scompare (scrivono)
Sono perfettamente d’accordo con Fabio, inoltre è uscito Maxthon Cloud, il nuovo browser di cloud tanto per sapere cosa cerchiamo sulla rete, un’esperienza analoga si può tranquillamene osservare con facebook… All’ apertura di quest’ultimo ci appare, in prima linea, una colonna di pubblicità inerenti a ciò che abbiamo cercato sul web: una moto, una maglietta, una palestra, ecc… Ovviamente facebook è gratis e deve pur campare in qualche modo e l’utilizzo di pubblicità non è illegale anzi questo metodo fa felici noi (gli user), Mark Zuckerberg (il creatore di facebook)
Davanti a questo fatto sono rimasto un po’ intimorito ed ho cominciato a farmi qualche domanda… sono andato su google chrome, per fare una prova, ho cercato informazioni inerenti ad una palestra (premetto ho usato google non so se succede anche con altri motori di ricerca) e al mio successivo avvio del social network ecco che mi appaiono palestre con indirizzi nella zona in cui abito. Quindi ho pensato google non solo fornisce i miei dati di ricerca, la famosa cronologia, ma facebook sfrutta l’indirizzo fornito all’iscrizione per creare un pacchetto di pubblicità specifiche per me, ed è la specificità che mi ha fatto paura, il fatto che creano pubblicità cosi accurate vuol dire che ci conoscono più di quanto pensiamo, io non sono più un user di facebook da 8 mesi.
Io ho fatto il liceo scientifico tecnologico dove insegnavano anche informatica ma ciò non basta a proteggerci. Interloquii con il mio professore di informatica dopo il diploma e mi disse che la rete era come una stanza con tante porte ma solo nell’apparenza…nella realtà per aprire una porta blindata di una cassaforte devi prima rubare la chiave al proprietario, in un mondo non fisico può piegare la cassaforte con semplici programmi che forzano il sistema a fornire dati.
Tuttavia non si può fare a meno di usare il computer per motivi di lavoro e /o universitari il trucco è essere il più discreti possibile su noi e la nostra vita.
Da un po di tempo ho imparato ad usare il browser in modalità anonima e a cancellare i cookies tutti i giorni. Poi la sera spengo e riaccendo il modem per far cambiare IP dinamico, ma capisco che questo non è alla portata di tutti, è più comodo il cloud, che ci fotterà come dite.
Avete ragione, siamo in un vicolo cieco.
E’ assolutamente vero!
Qualsiasi dato digitale può essere rivelato, non c’è una soluzione definitiva, ogni nuovo sistema sarà sempre bucato perché così è l’informatica.
Fabio, hai ragione, il problema è più grande di quello che sembra e la tua analisi è lucida e realistica.
Finiremo fritti e non lo sappiamo.
Un post interessante, certo molto tecnico e che non tutti capiscono interamente come me.
Comunque una cosa l’ho capita, che non ci si deve fidare di mandare in giro le password delle carte di credito e dei bancomat, ad una mia collega hanno ripulito il conto in due giorni prima che se ne accorgesse, ma non credo che era per questi problemi.
Io una domanda ce l’avrei, ma perché nelle scuole non si insegna bene l’informatica invece di fare materie inutili dove i professori non ci sono mai?