Archivio Autore | Fabio Duranti

L’Isola di Pasqua

Moai

L’Isola di Pasqua è una delle tante meraviglie del nostro Pianeta.

In mezzo all’Oceano Pacifico il ribollire dei vulcani ha fatto emergere milioni di anni fa una terra destinata a ospitare un vero e proprio banco di prova della civiltà umana.

Molta gente non conosce la storia dell’Isola di Pasqua, cosa che invece dovrebbe fare; e molti di quelli che la conoscono non si soffermano a riflettere sull’importanza di ciò che è accaduto.

Gli uomini hanno iniziato a popolare l’isola intorno all’anno 1000 d.c.; il luogo era quanto di meglio l’uomo potesse desiderare per vivere.
In pratica non ci sono stagioni, è sempre primavera; la temperatura media è di circa 22 gradi e lo sbalzo termico non supera i 5 gradi in tutte le stagioni dell’anno.
Un vero Paradiso terrestre.

E così era; i migranti, quasi sicuramente di origine Polinesiana, hanno cominciato a prosperare e la loro qualità della vita era eccellente.
Ben presto però, nel breve lasso di qualche secolo, quel Paradiso si è trasformato in un inferno; gli uomini, accecati dal potere e dalla bramosia di imporre il simbolo della loro prosperità (i Moai), non si sono resi conto che stavano depauperando il loro vero patrimonio: la natura e il suo equilibrio.

La costruzione e il posizionamento di queste enormi statue di roccia necessitava di una quantità enorme di legno; finirono così per distruggere tutte le palme che nei millenni avevano trovato nell’isola il loro ambiente naturale e che fornivano gli elementi essenziali per la vita dell’uomo.
Gli studiosi sostengono che addirittura gli abitanti dell’isola sono stati costretti al cannibalismo per sopravvivere, sino a quando il sistema collassò; alla fine dell 1800 non si contavano più di un centinaio di residenti.

Oggi l’isola ospita qualche migliaio di abitanti, con l’avvento del trasporto aereo dalla fine degli anni ’60 la popolazione è cresciuta grazie al turismo e a una lenta ripresa delle attività agricole.

L’Isola di Pasqua (in lingua locale Rapa Nui) può essere considerata un esempio della fragilità del genere umano, di quanto cioè l’uomo sia cieco di fronte al pericolo che i suoi comportamenti possano mettere a repentaglio la stessa sopravvivenza, e di quanto la preoccupazione della continuità della specie sia oggi, come da sempre, un mero istinto naturale non supportato dalla ragione, che invece sosteneniamo di possedere.

Le crisi e i disagi che sopportiamo tutti i giorni, dovrebbero farci riflettere su come, a fronte di un apparente progresso, la nostra qualità della vita stia lentamente degenerando; un recente studio spiega che il genere umano ha smesso di progredire intellettualmente già quasi duemila anni fa, non per mancanza di capacità, ma per un inquinamento del nostro DNA dovuto proprio a quello che chiamiamo progresso; di questo passo, possiamo quindi dimenticare di poter competere al pari dei nostri “cugini” alieni, che siamo soliti fantasticare.

Ecco che la solidità della nostra società, ma soprattutto la difesa dell’ambiente, sono gli unici baluardi per la nostra sopravvivenza futura; ma, a ben guardare, sono proprio gli elementi che stiamo distruggendo, stupidamente.

Rapa Nui deve essere un monito per tutti noi, una vocina lontana ma insistente che ci dice: “fermatevi, finché siete in tempo!”.

L’ascolteremo?

Democrazia, questa sconosciuta

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In questi giorni ci stanno convincendo che l’happening elettorale interno del PD ha ridato un senso alla politica del nostro Paese, ed è stato uno splendido esempio di democrazia.

Io ho dei dubbi. Ma… di cosa parliamo?

Cinque politici di mestiere e di lungo corso, incluso Renzi, figlio “d’arte” e già Presidente di provincia nel 2004 a soli 29 anni, hanno occupato per diverse settimane le prime pagine dei giornali e gli schermi televisivi, per via delle cosiddette “primarie”, i cui esiti erano già chiarissimi a qualunque persona dotata di un minimo di raziocinio.

Potevano pensare Puppato, Tabacci, Vendola, o anche Renzi, di poter competere con la popolarità e l’apparato di Bersani?

Certo che no!
Almeno che non vogliamo sottovalutare il contenuto della loro scatola cranica, sapevano fin dall’inizio che la competizione serviva soltanto a riempire i media con le loro facce e con fiumi di dichiarazioni; una bella iniezione di popolarità per loro, un figurone per il partito, e una poltrona per gli sconfitti già assicurata; tutti vincitori.

L’operazione primarie è la nuova trovata per rinvigorire i partiti, per utilizzare a sproposito la parola democrazia, come se questa venisse garantita dalle esibizioni dei loro colonnelli in una sorta di Giochi senza Frontiere.

La democrazia però, non si realizza nelle stanze dei partiti o nelle loro competizioni interne, ma quando è il popolo a governare:

  • in modo diretto (l’antica Agorà, la piazza dei Greci);
  • in modo indiretto, attraverso l’elezione e il controllo dei propri rappresentanti.

Appare a tutti palese che in Italia il popolo non ha il controllo dei propri rappresentanti, ne tanto meno li elegge, essendo quest’ultimi frutto delle nomine dei partiti stessi.
La vera democrazia in realtà è quella che pone tutti i cittadini nelle medesime condizioni di accesso ai mezzi d’informazione.
Questi, nei paesi civili, sono un potere indipendente, separato dalla politica; la libera stampa deve esercitare per conto del popolo, il controllo sugli amministratori della cosa pubblica, pena la perdita della credibilità.

Ma questo è possibile solo quando i media devono preoccuparsi della loro credibilità e non sono invece loro stessi sotto il controllo della politica; in Italia, addirittura, è il governo che finanzia giornali, radio e tv, trasformando un potere che dovrebbe essere appannaggio del popolo, nel loro personale ufficio stampa.
Un circolo vizioso.

Non ho letto nei programmi dei competitori, una sola parola dedicata al riordino del sistema radiotelevisivo, o misure per rimuovere il finanziamento ai giornali; mantengono ben saldo il guinzaglio mediatico, pagato dai contribuenti.

Proprio per questo l’Italia è valutata dalle istituzioni internazionali un paese con libertà di stampa parziale; basta leggere il rapporto della Freedom House (quella vera), per rendersi conto della gravità della nostra situazione.

Ma… si sa, “The Show must go On” ! Lo spettacolo deve continuare.
Aspettiamo trepidanti quello del PDL, che immaginiamo sarà ancora più sfarzoso, visto il curriculum del suo leader.

Come abbiamo detto giorni fa per il gioco d’azzardo, basta dare una mano di vernice luccicante e tutto sembrerà più bello; ci cambiano il significato delle parole importanti e noi assorbiamo l’inganno contenti, anzi rassicurati dai mezzi d’informazione a pagamento, di avere assistito a un brillante esempio di democrazia… questa sconosciuta.

La Pietà di Michelangelo

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Nel 1497 un ragazzo di 22 anni ha trasformato un blocco di marmo grezzo di Carrara in un capolavoro ineguagliabile.

Sono passati più di 500 anni e decine di miliardi di persone sono rimaste estasiate alla vista di questa immagine sublime, che la fotografia rappresenta solo in minima parte.

L’abilità dell’artista nell’uso dello scalpello è soltanto una frazione delle emozioni che l’espressività dell’opera trasferisce; vai a vederla di persona, lasciati avvolgere dall’immensa umanità che emana.

Michelangelo ha perso la mamma quando aveva sei anni e a ventidue era già un artista in grado di rappresentare così profondamente, il dramma di una madre che invece ha visto morire il figlio.
Quando giunto a Roma ricevette l’incarico di realizzare la scultura, egli sapeva già che avrebbe modellato quella roccia con una delle espressioni più toccanti che l’arte ci abbia mai regalato.

Ecco cosa manca alle attuali generazioni: l’Arte.
In realtà abbiamo soltanto cambiato il significato alla parola, dimenticandone il suo vero; siamo ormai sterilizzati dalle Emozioni (con la maiuscola) che la vera Arte (sempre con la maiuscola) è riuscita a stimolare nei secoli all’umanità, e ne è testimone immortale.

Ci sono alcune parole come appunto Arte, Evento, Eccellenza… che sono state fagocitate dai media e vengono utilizzate a sproposito per legittimare ciò che non è.
Su un importante quotidiano nazionale una gara canora televisiva piena di effetti e luci sgargianti, è stata definita un “evento artistico d’eccellenza”; c’è chi è andato ancora oltre, magnificando con questi termini la sagoma di uno smartphone.

Al di là del sorriso che viene spontaneo, l’unica considerazione è che ci toccherà definire neologismi che esprimano di nuovo quei concetti che le vecchie parole oggi non rappresentano più; sempre se ne saremo in grado.

Ora mi permetto un consiglio:
clicca sulla foto della Pietà, oppure qui; avrai la versione in alta definizione da godere a pieno schermo; restala a guardare per qualche minuto, in silenzio.

Poi, se ti va, lascia un commento sulle tue Emozioni.

Grazie a Michelangelo Buonarroti per i suoi capolavori.

Lo Stato Biscazziere

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Una volta immaginavamo le bische come luoghi di perdizione; fumo a mezz’aria, atmosfera maleodorante e coltelli sotto al tavolo, sostituiti nel tempo dalle pistole, armi più potenti e vigliacche.

Quella visione ci impauriva, ci teneva lontani, e scoraggiava chi magari… ci faceva un pensierino.

Nell’immaginario collettivo, scommettere al gioco era un’attività di cui vergognarsi, perché in realtà non è un’attività, ma una passività.
Chi gioca d’azzardo non produce, non genera beni, servizi, arte, cultura, ricchezze, anzi sperpera quelle guadagnate a vantaggio di soggetti, anch’essi passivi, che la storia ci mostra molto spesso legati al mondo della malavita.

Oggi però, proprio nel momento in cui la crisi dovrebbe incitare alla produttività, la politica ha deciso di dare una mano di vernice luccicante al gioco d’azzardo, legittimandolo.
Ed ecco apparire macchinette mangiasoldi, slot machine, roulette, video poker, e amenità varie.
Locali sfarzosi pieni di attrattive e operatori on line che riempiono i mezzi di comunicazione di pubblicità magnificanti, che prospettano un mondo meraviglioso con fiumi di danaro e belle ragazze ai tuoi piedi.
Il tutto con il timbro di legittimità dello Stato!

E allora, liberati dalle vecchie paure, corriamo verso di loro, abbagliati dalle luci colorate; da cotanta meraviglia!

Ci accorgeremo dell’inganno troppo tardi, solo quando le nostre tasche saranno vuote; uno dei metodi per ingannare i giocatori d’azzardo è infatti proprio quello di convincere chi perde, che prima o poi vincerà.
Nulla di più falso, la statistica premia sempre il banco, per semplice e incontestabile calcolo matematico!

Il giocatore quindi è un perdente, e lo Stato, che dovrebbe difendere le persone più deboli, le incita al gioco, lavandosi la coscienza con la scritta “Gioca Responsabilmente” che libera tutti dal peccato.

Non ci dovremo stupire se quindi, prima o poi, anche la mafia, la camorra o altre organizzazioni malavitose verranno in qualche modo “legittimate” ad operare con il pubblico avallo.

D’altronde, chi meglio di loro potrebbe essere ingaggiato per la riscossione delle imposte d’oggigiorno?